Indice dei contenuti
- 1 Dal 2011 l’INPDAP non esiste più
- 2 Conviene realmente rivolgersi all’INPS per un prestito?
- 3 Occorre fare molta attenzione alla cessione del quinto
- 4 Attenzione al TAEG: dove può essere reperito?
- 5 Cos’è il Modulo SECCI
- 6 Conclusioni
I prestiti a dipendenti pubblici e privati dell’ex INPDAP sono stati a lungo un prodotto molto ambito sul mercato creditizio italiano. Il motivo della loro popolarità era da ricercare nella notevole convenienza di cui erano accreditati anche da parte di molti esperti. Derivante a sua volta da tassi d’interesse più bassi rispetto ad altre formule creditizie dello stesso periodo, i quali si tramutavano in piani di rientro più leggeri e, di conseguenza più sostenibili per coloro che li richiedevano.
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Dal 2011, però, l’Istituto Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica non esiste più. Molte persone, di conseguenza, sono state erroneamente indotte a pensare che i prestiti ex INPDAP siamo anch’essi scomparsi. Non è però così, in quanto le funzioni di cui era accreditato sono state trasferite. Ma andiamo a vedere cosa è effettivamente accaduto.
Dal 2011 l’INPDAP non esiste più
Come abbiamo già ricordato, il 2011 è stato in pratica l’ultimo anno di vita per l’INPDAP (e per altri enti del settore). Proprio in quell’anno, infatti, il governo guidato da Mario Monti ne dispose la soppressione nel quadro del riordino del sistema previdenziale messo in atto con il decreto Salva Italia. Un riordino dettato da esigenze di razionalizzazione il quale ha creato un sistema nuovo, senza però alcuna soppressione di competenze.
Se infatti l’ente fu soppresso, le competenze ad esso spettanti furono invece ridistribuite. In particolare, quella creditizia fu affidata all’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS). Quindi, i prestiti ex INPDAP sono ora dispensati dall’ente previdenziale nazionale, praticamente con le stesse modalità di un tempo. E agli stessi soggetti, ovvero ai dipendenti pubblici e privati. I quali continuano a richiederli, convinti a farlo dalle caratteristiche di questi finanziamenti, che si rivelano molto più convenienti rispetto ai prodotti proposti dalle finanziarie tradizionali.
La domanda che ci si deve porre, in conseguenza, è la seguente: sono effettivamente più convenienti i prestiti ex INPDAP per i dipendenti pubblici e privati? Una domanda secca, che esige però una risposta articolata, proprio per cercare di sgombrare il campo da possibili equivoci.
Conviene realmente rivolgersi all’INPS per un prestito?
Come è ormai noto, in Italia i prestiti sono non solo difficili da ottenere, ma anche poco convenienti. A renderli tali sono i costi accessori e di altro genere, a partire da quello dell’assicurazione. Per quanto riguarda i primi, le finanziarie sono solite caricare sul costo finale del finanziamento le spese di apertura pratica, istruttoria e altre. Che già fanno salire notevolmente il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale).
A detta degli esperti, però, il vero costo che fa esplodere la rata mensile è quello collegato all’assicurazione. Chi chiede un prestito presso le finanziarie tradizionali si trova in pratica obbligato a stipulare una assicurazione contro il rischio di perdita anticipata del posto lavoro e decesso. Un obbligo che nel caso dei prestiti erogati dall’INPS non sussiste. Non si tratta di una questione di lana caprina, in quanto le assicurazioni vanno a gravare sul costo finale del prestito per svariate migliaia di euro. Spostando la convenienza del finanziamento tutto dalla parte di chi presta i soldi.
Proprio per questo il consiglio dato dagli osservatori neutrali è di rivolgersi, almeno chi può farlo, all’INPS e non alle finanziarie. E spiega la persistente popolarità dei prestiti ex INPDAP, che non accenna minimamente a calare. E anzi a rinvigorirsi proprio in considerazione del fatto che i prestiti concessi dalle finanziarie tradizionali sono gravati anche dalle commissioni che le stesse si ricavano per la loro funzione di intermediazione.
Occorre fare molta attenzione alla cessione del quinto
C’è poi un altro discorso relativo ai prestiti riservati ai dipendenti, privati o pubblici. Ovvero quello legato alla cessione del quinto. Che è la formula la quale caratterizza solitamente questi prodotti, molto gradita da chi presta i soldi in quanto il piano di rientro prevede una trattenuta automatica alla fonte (stipendio o pensione) alla fine di ogni mese, sino al ripiano del debito contratto.
Il fatto che le finanziarie non pongano praticamente ostacoli alla cessione del quinto, però, non si spiega solo con la sicurezza offerta dalla busta paga o dal trattamento pensionistico. Ma deriva anche da una serie di fattori i quali troppo spesso non vengono considerati dai richiedenti, già lieti di avere un prestito in un Paese ove a poterne godere è ormai una minoranza.
I fattori in questione sono soprattutto i seguenti:
- i prestiti con cessione del quinto hanno tassi di interesse notevolmente più alti rispetto ai prestiti personali, i quali si traducono naturalmente in un maggior guadagno per l’ente erogante;
- l’estinzione anticipata del debito nel caso che restino più di 10mila euro da pagare si va a tradurre in una commissione pari all’1% del capitale residuo e dello 0,5% nell’ultimo anno del prestito.
Bastano in effetti questi semplici dati di fatto a spiegare il motivo che spinge le aziende creditizie a non frapporre praticamente alcun ostacolo di fronte alla richiesta di una cessione del quinto. E, anzi, ad agevolare in ogni modo questo genere di richieste.
Attenzione al TAEG: dove può essere reperito?
Per quanto riguarda i tassi di interesse, molto spesso chi è nella necessità di chiedere un prestito e si mette alla ricerca di una soluzione in tal senso, compie un grave errore. Focalizza cioè la sua attenzione sul TAN, acronimo di Tasso Annuo Nominale. Il quale, però, è un indice circoscritto appunto al solo tasso di interesse.
Quando si contratta un prestito con una finanziaria, in effetti, il prezzo definitivo del finanziamento non deriva solo da esso, ma va a comprendere altri costi, i quali vanno a incidere sulla rata mensile. Per capire il reale esborso cui si va incontro è quindi più indicato il TAEG, Tasso Annuo Effettivo Globale. Che non a caso viene abilmente camuffato e messo in sottordine al TAN nei documenti pubblicati dalle aziende creditizie.
Si tratta però, a tutti gli effetti, di un comportamento scorretto, più volte criticato dagli organismi di controllo. A partire dalla Banca d’Italia, la quale anche di recente ha stigmatizzato questa pratica poco trasparente, invitando le finanziarie a porre riparo, dietro minaccia di sanzioni.
Va anche ricordato come siano le norme europee ad imporre trasparenza nelle negoziazioni di carattere creditizio. Una trasparenza la quale, in questo caso, deve essere sostanziata nel modulo IEBCC (Informazioni Europee di Base per il Credito ai Consumatori), noto anche come SECCI (Standard European Consumer Credit Information).
Cos’è il Modulo SECCI
Il Modulo SECCI è un modello informativo pre-contrattuale, che è stato introdotto a seguito della riforma del credito al consumo. In pratica, il finanziatore deve fornirlo al consumatore che richiede un preventivo di prestito. Ed è obbligato a farlo senza che quest’ultimo sia costretto a richiederlo. E’ stato il decreto legislativo n.141 del 13 agosto 2010 (in vigore dal 1 giugno 2011) a recepire ed attuare la direttiva comunitaria 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, andando a disciplinare le nuove regole e disposizioni di trasparenza in merito ai contratti ed ai soggetti operanti nel settore finanziario, agli agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi.
Il modulo in questione è andato a semplificare il tutto, sostituendo in pratica:
- il documento che conteneva i “principali diritti del cliente”;
- il “foglio informativo” dell’operazione di credito offerta;
- il “documento di sintesi” il quale riepilogava le principali condizioni applicate.
Conclusioni
Per chi è dipendente a tempo indeterminato, pubblico o privato, la via del credito è sicuramente più agevole rispetto a chi non è in grado di poter contare su una busta paga. Le aziende creditizie, infatti, stendono praticamente il tappeto rosso a questo genere di utenza, in quanto un reddito garantito alla fine del mese permette di avere la relativa sicurezza che i soldi dati in prestito rientreranno alla base corredati dai rispettivi interessi concordati in sede contrattuale.
Soprattutto se a fare da corollario al prestito sarà la formula nota come cessione del quinto. Nella quale il rientro dei soldi avviene mese dopo mese in automatico, con un prelievo alla fonte. E che, a detta degli esperti, garantisce alle finanziarie altri vantaggi di non poco conto, tali da far alzare notevolmente il costo finale del prestito.
Proprio per questo motivo in Italia continua ad avere grande popolarità il prestito ai dipendenti, pubblici e privati, concesso dall’INPS. Un finanziamento che un tempo era concesso dall’INPDAP, ente scomparso a seguito del riordino del sistema previdenziale tricolore avvenuto nel corso del 2011. Se è scomparso l’ente, è però rimasta la funzione creditizia da esso assolto, la quale è stata trasferita all’INPS. I cui prestiti continuano ad essere molto apprezzati dai destinatari.
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