Indice dei contenuti
- 1 I dipendenti e pensionati pubblici e statali sono molto graditi dal sistema creditizio
- 2 Come vengono concessi i prestiti ai dipendenti e pensionati pubblici e statali: la cessione del quinto
- 3 I prestiti ai pensionati pubblici o statali
- 4 Le proposte in campo sono molte
- 5 Conviene optare per la cessione del quinto?
I prestiti ai dipendenti e pensionati pubblici e statali sono prodotti facilmente ottenibili da parte del sistema creditizio italiano. Il motivo di questa facilità è da ricercare proprio nella figura dei richiedenti. Trattandosi di dipendenti a tempo indeterminato, o di pensionati, godono di un emolumento mensile sul quale può essere strutturato il piano di rientro della cifra prestata.
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Una caratteristica la quale va praticamente a tagliare la testa al toro, rendendo inutile il discorso relativo alle garanzie solitamente richieste ai richiedenti, ovvero capacità reddituale o patrimoniale e merito creditizio. Questi prestiti, infatti, possono essere articolati sulla formula nota come quinto di stipendio o di pensione. Presuppongono cioè il ripiano del debito tramite una ritenuta automatica sulla busta paga o sulla pensione. Garantendo in partenza l’azienda la quale concede il finanziamento.
Andiamo comunque ad esaminare più da vicino questi prestiti, in modo da capire se convengano effettivamente o se, invece, sia il caso di rivolgersi ad altre formule tali da rivelarsi in definitiva più convenienti.
I dipendenti e pensionati pubblici e statali sono molto graditi dal sistema creditizio
I dipendenti e i pensionati pubblici e statali, sono molto considerati dal sistema creditizio. Il quale, non a caso, provvede di anno in anno a rinnovare convenzioni con l’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) per poter allacciare rapporti con questa particolare platea. Oltre a proporre soluzioni a parte.
Va infatti sottolineato come sia proprio l’ente di previdenza il soggetto istituzionalmente preposto a ricoprire una funzione creditizia verso questi soggetti. Una funzione che gli è stata affidata nel 2011, quando il governo presieduto da Mario Monti approvò il cosiddetto decreto Salva Italia. All’interno del quale era contenuta la riforma tesa a riorganizzare il sistema previdenziale tricolore. La quale passava dall’eliminazione di una serie di enti ritenuti inutili, come l’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica).
E sempre l’INPS provvede a stilare accordi con le aziende creditizie interessate ad offrire prestiti convenzionati. Una necessità derivante dal fatto che il fondo da cui attingere può rivelarsi non in grado di accontentare la richiesta proveniente dal pubblico impiego di anno in anno.
Come già detto, i dipendenti pubblici e statali sono un soggetto privilegiato per il sistema creditizio. Sono infatti in grado di accumulare due prerogative preziosissime per le aziende del settore, ovvero:
- una busta paga sulla quale viene parametrato non solo l’entità del prestito concesso, ma anche il piano di rientro, ovvero la rata mensile;
- la sicurezza rappresentata dal contratto a tempo indeterminato. Nel caso dei lavoratori in questione, infatti, non va ad agire l’ormai famigerato Jobs Act, ovvero la riforma del mercato del lavoro che ha tolto di mezzo l’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il dipendente pubblico o statale può quindi essere licenziato solo per giusta causa e mai per semplici motivi economici.
Come vengono concessi i prestiti ai dipendenti e pensionati pubblici e statali: la cessione del quinto
I prestiti ai dipendenti e pensionati pubblici e statali, sono spesso caratterizzati dalla formula nota come cessione del quinto, di stipendio o di pensione. La quale presuppone una ritenuta che può arrivare al massimo del 20% dell’emolumento complessivo sulla busta paga o sul trattamento pensionistico.
Una modalità che va in pratica ad eliminare il discorso relativo alle garanzie. Instaurando un meccanismo automatico tale da rendere impossibile al debitore di sottrarsi al suo obbligo contrattuale. All’ente erogante basta in effetti assicurarsi che il dipendente o il pensionato non abbia in essere altri finanziamenti tali da impedirgli di pagare la rata.
Mentre il discorso può mutare nel caso gli interessati optino per un prestito personale. Eventualità che invece presuppone la presenza delle garanzie che abbiamo citato. In loro assenza si può anche ricorrere al cosiddetto garante, ovvero una terza figura provvista di capacità reddituale o patrimoniale, di merito creditizio e il quale non sia contemporaneamente impegnato nel ripiano di altri prestiti. A meno che non dimostri a sua volta di poter assumere senza eccessivi scompensi anche un altro obbligo di questo tenore.
I prestiti ai pensionati pubblici o statali
Il discorso muta solo leggermente nel caso dei pensionati pubblici o statali. Per i quali l’unico problema può arrivare dal discorso relativo all’età. Anche alla luce di un sistema pensionistico, quello italiano, ove l’accesso alla pensione avviene sempre più tardi, a causa di quanto disposto dalla riforma Fornero. Sulla quale ha agito di recente il provvedimento governativo noto come Quota 100, il quale richiede il raggiungimento di questo livello tra età anagrafica e anzianità lavorativa (contributi).
Proprio in considerazione del fatto che si tratta di persone di una certa età, molto elevata anche se rapportata all’aaspettativa di vita italiana, il sistema creditizio pone un’asticella per fare in modo che il piano di rientro non sia reso aleatorio dalla possibilità di decesso del debitore nell’arco della sua durata. Se non si tratta di un limite ben preciso, solitamente le finanziarie che offrono soluzioni per pensionati pubblici non vanno oltre i 75 anni.
Le proposte in campo sono molte
Come abbiamo ricordato, quindi, le aziende creditizie sono molto propense a concedere prestiti a dipendenti e pensionati pubblici e statali. Proprio per il discorso relativo alla sicurezza del rientro della cifra accordata con relativi interessi pattuiti in sede contrattuale.
Va anche sottolineato come un ulteriore motivo che le spinge in tal senso è rappresentato dalla formula adottata in questi casi, ovvero il quinto di stipendio o di pensione. Anch’esso enormemente gradito dal sistema creditizio, in quanto molto spesso la sua convenienza è pericolosamente sbilanciata dalla parte del creditore.
Occorre infatti sapere che i tassi di interesse pretesi dalle finanziarie e dalle banche che erogano il quinto di stipendio o di pensione sono molto elevati, soprattutto se raffrontati con altri prodotti analoghi. Unendosi ad altri fattori i quali rendono molto salato il conto finale per il debitore.
Se solitamente i clienti focalizzano la loro attenzione sul tasso di interesse proposto, a far lievitare vertiginosamente le cifre in ballo sono le cosiddette spese accessorie e l’assicurazione sulla vita e in caso di licenziamento chiesta come obbligo dalle finanziarie.
Per quanto riguarda le prime, esse sono:
- le spese di istruttoria, ovvero i costi sostenuti dall’azienda per l’apertura e per la gestione della pratica, compresi tutti i controlli necessari per appurare l’effettiva situazione creditizia del richiedente. Possono essere addebitate sulla prima rata oppure diluite lungo intero arco del finanziamento;
- le spese di incasso e gestione rata o Sir, le quali variano in base alla tipologia di finanziamento. Arrivando ad esempio a zero nel caso dei prestiti personali;
- l’imposta di bollo/sostitutiva sul contratto, un contributo di carattere fiscale che è necessario pagare per l’emissione dei vari documenti e il cui importo può essere fisso o proporzionale. Al momento si attesta a quota 14,62 euro nel caso dei contratti i quali prevedano una durata di 18 mesi. Una cifra cui può andarsi ad aggiungere un’ulteriore imposta di bollo, pari a 1,81 euro, tesa a fornire una copertura a tutte le comunicazioni che sono emesse dagli istituti di credito e società finanziarie a favore del cliente;
- le spese di chiusura della pratica, ovvero quelle da affrontare nei casi in cui sia prevista la fine anticipata dei contratti. Si tratta in pratica di una penale, il cui importo non deve comunque superare l’1% del debito residuo. In pratica è una forma di risarcimento all’ente erogatore destinato a ricoprire gli interessi non goduti sulle rate;
- il costo delle comunicazioni periodiche, un contributo simbolico non dovuto nel caso il cliente decida di avvalersi dei servizi online i quali sono ormai tipici anche del settore creditizio.
Conviene optare per la cessione del quinto?
Come abbiamo già ricordato, la cessione del quinto di stipendio o di pensione, comporta un primo svantaggio nei tassi di interesse richiesti. Basta in effetti dare uno sguardo al TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) per riuscire ad accorgersi facilmente dell’entità che viene ad assumere il rateo mensile da pagare.
Senza contare i tanti comportamenti opachi messi in atto dalle finanziarie che lo concedono. I quali sono stati messi ripetutamente in evidenza dalla Banca d’Italia, la quale ha cercato ripetutamente di stroncarli. E tali da spingere una moltitudine di soggetti interessati a rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per vedere riconosciuti i propri diritti.
Proprio per questo motivo, molti esperti consigliano caldamente di esaminare con molta attenzione la propria situazione personale prima di optare per la cessione del quinto. In quanto, a meno che non si faccia parte della categoria dei cattivi pagatori, può infine rivelarsi più conveniente fare ricorso ad un prestito personale.
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